lunedì 15 settembre 2014

Riflessioni filosofiche. L'orsa Daniza e l'animale uomo.


La prima e l’ultima volta che sono entrata in uno zoo avevo circa sedici anni e credo che si trattasse di una struttura di eccellenza. All’entrata, un recinto ospitava due orsi dal collare: uno era mortalmente annoiato su un pietrone, mentre il secondo era in piedi e si muoveva spostando il peso da una zampa all’altra. Girava freneticamente su se stesso e qualcuno gli urlava: “L’orso ballerino! L’orso ballerino!” Credo che fosse pazzo e che il suo compagno depresso non ne potesse più.

                Più avanti nel percorso ho incontrato un gorilla maschio. La gente si accalcava lungo la staccionata rotonda di una radura a mezzaluna, ma lui aveva trovato l’unica - perfetta - posizione che gli consentiva di dare le spalle a tutti. Se ne stava così, immobile, rifiutando di dare udienza.

                Poi è stata la volta dell’orango. Si trovava in una stanza con una vetrata, così vicino al vetro che si potevano vedere gli spazi di pelle fra i suoi peli rossi. Noncurante delle persone che battevano sul vetro, si analizzava minuziosamente un pelo dopo l’altro, separandoli con le dita. Nel suo sguardo trasparente, la tristezza era senza fondo. Non c’era una pulce, una mosca… niente che potesse attirare il suo interesse. Solo i suoi lunghissimi, perfetti, peli rossi.


                Mi sono ricordata di tutto questo nei giorni scorsi, vedendo la straordinaria sequenza di Robin Williams che faceva amicizia con la gorilla Koko, e mi ha profondamente colpito la successione di fotografie che ritraggono Koko nel momento in cui apprende la notizia della morte di Robin. Robin era un'anima grande e probabilmente anche Koko. Già, perché se molti di noi non sanno né l’italiano né altre lingue… Koko capisce l’inglese e parla un preciso linguaggio dei segni. Dunque quando in questo modo le è stato detto che Robin era morto, lei ha pianto.

                Ma ben lontana dal voler umanizzare comportamenti animali che non hanno bisogno della parola "umanità" per essere degni di rispetto, di fronte alla vicenda dell’orsa Daniza non ho potuto fare a meno di pensare a tutte queste cose. Ho cercato di comprendere la necessità di sicurezza degli abitanti di Pinzolo e mi sono posta degli interrogativi, ma più ho riflettuto e più mi sono trovata davanti a una sostanziale mancanza di logica. Fortunatamente, l’articolo dello scrittore Mauro Corona sulla Repubblica di ieri mi ha sollevato dal dubbio che le mie fossero solo le posizioni estremiste di una bambina che voleva fare l’etologa.

               Ma partiamo dalle basi. Il ripopolamento degli orsi nell’arco alpino è frutto di un programma voluto e attuato per anni. E qual è l’etica che sottende al ripopolamento di questo animale, se non un sentimento di rispetto, protezione e venerazione nei confronti dell’ambiente naturale? Ma per quale ragione valorizziamo questo sentimento, se non per la convinzione ancestrale che un’armoniosa unione col tutto è il “bene” ultimo, la nostra piena realizzazione di animali uomini? Di fronte a queste domande, non ho potuto che constatare l’assurdità del progetto di catturare e mettere in cattività l’orsa Daniza. Infatti non solo si tratta di un’azione inutile sul piano pratico e barbara dal punto di vista etico, ma soprattutto… essa è contraria al fine stesso per cui Daniza è stata messa nei boschi.

               Senza contare le conoscenze etologiche di cui siamo a disposizione. Chiunque abbia visto dei seri documentari sull’orso bruno o sul temibile grizzly americano, sa bene che questi orsi sono in realtà animali timidissimi. Non amano il contatto con l’uomo e tendono ad allontanarsi. Si avvicinano a insediamenti umani se intuiscono la presenza di una fonte di cibo sicura, ma non amano incontrare l’uomo nei boschi. L’uomo non ne è una preda naturale e se non lo conosce, l’orso ne ha sostanzialmente paura. Di norma, gli attacchi di orsi bruni nei confronti di esseri umani avvengono così soltanto in due casi: 1) l’animale è stato stimolato da un comportamento umano 2) l’animale è una madre con cuccioli giovani che vivono ancora con lei. Dunque l'atteggiamento dell’orsa Daniza – è chiaro a tutti – ricade nel caso numero due e la vicenda sarebbe stata la stessa (o con esito peggiore) se invece di un’orsa l’uomo avesse incontrato una femmina di cinghiale con la cucciolata. Ovvio però che nessuno si prenderebbe la briga di rincorrere un particolare cinghiale selvatico per accertarsi che non sia psicopatico e pericoloso…

               Quello che dunque non capisco e che Mauro Corona spiega bene nel suo articolo, è la logica che giustifica la scelta di mettere in cattività una femmina di orso in seguito a questo episodio. E' forse psicopatica e aggressiva con gli uomini? No, non ne abbiamo notizia e il suo comportaente ricade nella casistica conosciuta. Come scrive Mauro Corona, dal momento che nella zona sono presenti orsi (perché noi li abbiamo voluti) è ovvio che il nostro atteggiamento di animali umani deve tenere conto della loro presenza. Nel territorio selvaggio, l’uomo deve da un lato adattare il proprio comportamento al fine di minimizzare i rischi, dall'altro accettare che il rischio non è totalmente evitabile. Come diceva il grandissimo fotografo Ansel Adams, “la wilderness non è un diorama da osservare da comode superstrade”.

                Ma noi non sappiamo camminare sottovento, come scrive Corona, né come comportarci in una situazione che è oggettivamente rischiosa. E siamo anche così sciocchi da non capire che la risposta sulla pericolosità dell’orsa ci è stata già fornita: se Daniza avesse voluto uccidere, l’avrebbe fatto. Ma è ovvio che non è questa l’indole dell’animale, lei è logica là dove noi non lo siamo: aggredisce per dare un chiaro avvertimento riguardo la sua pericolosità. Noi abbiamo messo il piede dove non dovevamo, forse per ignoranza o forse per semplice sfortuna.  E lei non vuole altri passi avanti, altri sguardi.

                Ma quello che di questa vicenda mi colpisce di più è il senso di totale fallimento. Qual è infatti la logica conseguenza della volontà di catturare, dominare, rinchiudere… se non il fallimento filosofico del fine ultimo di quel programma di ripopolamento dei boschi? Qual è la conseguenza di questa scelta, se non la conferma che non sappiamo convivere con gli animali? E cosa pesa di più sul piatto della bilancia, un manipolo di uomini armati che pretendono di difendere un paese votato al turismo le cui strade – d’estate e d’inverno – sono invase di smog e sciatori… o il fallimento poetico di cui evidentemente siamo tutti coscienti, dato che centinaia di messaggi su twitter dicono “io sto con Daniza”?

                Gli psicologi sostengono che il modo di pensare dicotomico “se non è così, deve essere colà” sia il segnale di una bassa evoluzione cognitiva e spirituale. Sicuramente la nostra società è dunque psicologicamente poco evoluta, perchè non solo su grande scala le alternative politiche sono “o il tuo popolo, o il mio popolo”… ma anche nel piccolo noi umani tendiamo a pensare che l’orsa Daniza sia “o cattiva, o buona”, “o libera (ma cessi per favore di comportarsi da orsa), o in cattività”. Eppure i twitter di questi giorni provano ciò che è in realtà storicamente documentato: nei tempi antichi della storia umana, è esistita una terza possibilità. In verità, serbiamo il ricordo di un’armonia col tutto e rivendichiamo un'altra soluzione. 



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