mercoledì 21 settembre 2016

Douglas Coupland, Generazione A

"Me le ricordavo, le api. Ricordo che le vedevo in primavera fra la sanguinaria, la barba di becco gialla e i ranuncoli di palude nel fosso dietro casa dei miei nonni: gaie, industriose, pelosette e condannatissime all’estinzione. Poi avevano cominciato a fuggire dagli alveari e prima ancora che ci fosse il tempo di capire perché, erano sparite tutte”.

La riunione del Club del Libro è nel cuore di Francoforte, nel cortile di un pub poco frequentato. Sono riuscita a prenotare un posto in questo cenacolo dedito all’alcol e alla lettura. Il tema mi interessa: il problema ambientale in un testo di narrativa. E’ una bella serata e la città si specchia nel fiume come un quadro di Van Gogh. Sono in anticipo, così mi siedo su una panchina. Accanto a me sfila la metafora di una società che si ritiene attenta all’ecologia: un senzatetto raccoglie bottiglie vuote per ottenere i soldi del reso. Un’ape si posa sul mio ginocchio: è un segno? Probabilmente si, visto che il romanzo di cui parleremo stasera è Generazione A di Douglas Coupland, un Decamerone post-atomico che ha per tema la fine della specie umana e il potere salvifico della narrazione.
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