“L'ennesimo ragazzo ammazzato da un poliziotto:
ci trattano come subumani nel nostro stesso paese.
Lo hanno sempre fatto. Forse lo faranno sempre.
Il suo nome non aveva importanza.”
Whitehead aveva preso il suo (secondo!) Premio Pulitzer da pochi
giorni e aveva detto di se stesso: “Se sono qui è grazie a una serie di
colpi di fortuna che hanno permesso che non finissi nel tritacarne della storia”. Se ne La ferrovia sotterranea ci ha portato nelle piantagioni della Georgia di inizio Ottocento, dove gli schiavi venivano scorticati a suon di frusta, ne I ragazzi della Nickel ci
spiega che il razzismo non è una questione che riguarda solo il colore
della pelle, ma averla più scura è sempre peggio. Stavo leggendo proprio
I ragazzi della Nickel quando George Floyd è stato ucciso. Ero a pagina 182, dove Colson Whitehead ha scritto: “Accadde come accadeva sempre.”
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